Trasformare la CO2 per contrastare il riscaldamento globale

riscaldamento globale
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Limenet ha da poco presentato la sua innovativa tecnologia che trasforma la CO2 contrastando il riscaldamento globale e l’acidificazione del mare

Più di cinque anni di ricerca alle spalle, diverse domande di brevetti già depositate e un impianto pilota realizzato a La Spezia per contrastare il riscaldamento climatico. La start up innovativa Limenet ha industrializzato la propria tecnologia. E ha rimosso i primi 150 Kg di anidride carbonica con un impianto scalabile alle giga-tonnellate. Alcuni risultati degli studi alla base di questa innovativa tecnologia sono stati presentati al Politecnico di Milano e all’Università di Milano-Bicocca.

 

Riscaldamento globale: come combatterlo

Oceano Amico. Sequestro di CO2 in acque marine: motivazione, opportunità e metodi. Questo il titolo del convegno in cui Limenet ha presentato la sua innovativa tecnologia. La CO2 prodotta dalle attività umane è il principale fattore del riscaldamento globale. Per questa ragione l’Unione Europea guarda con interesse alle soluzioni in grado di ridurre le emissioni di CO2. In questo senso la missione della start up Limenet è rivoluzionaria.

Dal carbonato di calcio (presente in natura in grandissime quantità), acqua marina ed energia rinnovabile, Limenet è in grado di trasformare l’anidride carbonica, raccolta dall’atmosfera o da altre sorgenti, in una soluzione acquosa di bicarbonati di calcio. In questo modo è possibile ottenere una soluzione di stoccaggio di CO2 duratura e stabile (per oltre 10 mila anni) all’interno di mare e oceani.

Questo processo offre un duplice beneficio. Da una parte trasforma l’anidride carbonica contrastando il cambiamento climatico. Dall’altra dissolve i composti carbonatici nell’acqua marina, aumentandone l’alcalinità. Aumentando quindi la capacità di resistere ai cambiamenti nei livelli di acidità, con potenziali benefici per l’ecosistema marino.

 

Il ciclo geologico del carbonio

L’azione trasformativa di Limenet avviene anche in natura, solo su tempi estremamente più lunghi. È il cosiddetto “ciclo geologico del carbonio”. Si tratta di un processo naturale attraverso cui il carbonio in atmosfera viene scambiato con la geosfera (cioè il terreno), l’idrosfera (mari e oceani) e la biosfera (le acque dolci).

Prima che le emissioni legate alle attività dell’uomo sul pianeta raggiungessero i preoccupanti livelli attuali, per millenni i processi naturali di assorbimento hanno mantenuto stabile l’equilibrio carbonico della nostra atmosfera. Questo perché i principali depositi di anidride carbonica del nostro pianeta sono proprio mari e oceani. L’acqua salata, infatti, permette l’assimilazione dell’anidride carbonica per poi neutralizzarne l’acidità grazie alle rocce carbonatiche.

 

Tre fasi per contrastare il riscaldamento globale

Come si passa dall’anidride carbonica al bicarbonato di calcio? Il processo della tecnologia Limenet prevede tre step.

  • Fase 1 | FrantumazioneCalcinazione – Idratazione.
    La materia prima calcarea (carbonato di calcio) viene triturata e calcinata. Viene quindi trasformata in calce viva e anidride carbonica, attraverso la decomposizione termica in un forno elettrico alimentato da energia elettrica rinnovabile. La calce viva viene poi idratata per ottenere calce spenta.
  • Fase 2 | Rimozione CO2 della calcinazione con bicarbonati di calcio.
    Poco più della metà della calce spenta ottenuta viene utilizzata per rimuovere l’anidride carbonica prodotta. Il processo avviene nel reattore di Limenet. Mescolando anidride carbonica e idrossido di calcio in acqua di mare si ottiene bicarbonato di calcio. Questo conferisce all’ambiente marino le sue proprietà alcaline. L’altra metà della calce spenta è a disposizione per il sequestro di carbonio a valle nella fase 3.
  • Fase 3 | Stoccaggio di anidride carbonica in bicarbonati di calcio.
    La metà della calce spenta (decarbonizzata) viene utilizzata nel processo di alcalinizzazione del mare, oggetto di ricerca nel progetto Desarc-Maresanus. Oppure può essere utilizzata per stoccare, sempre in forma di bicarbonati di calcio, la CO2 proveniente dall’atmosfera.

Quest’ultima fase è quella che permette la vera e propria produzione di emissioni negative di CO2.

 

→ L’articolo completo prossimamente sulla rivista Transizione energetica ←

 

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