Le startup agrifood sostenibili? Crescono come funghi

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Le startup agrifood sostenibili? Crescono come funghi. E questo nonostante il forte impatto sul sistema agroalimentare mondiale determinato dalla pandemia, al punto da chiedersi come fosse possibile rimettere in sesto la situazione. Sul tema molto è emerso dagli studi condotti dall’osservatorio Food Sustainability, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano nel 2017 e giunto quest’anno alla terza edizione. Si tratta di un gruppo di ricerca impegnato sui temi della riduzione dello spreco alimentare e dell’innovazione per la sostenibilità che ha mappato le pratiche e i modelli di business innovativi del sistema agroalimentare.

 

Il boom delle startup

Nel 2020 si è verificato un boom davvero consistente di startup agrifood sostenibili: ne sono nate 1.808 a livello internazionale fra il 2016 e il 2020, il 25% del totale delle startup dell’agroalimentare che sono 7.120. Un quarto di esse persegue obiettivi di sostenibilità, soprattutto produzione e consumo responsabili, lotta alla fame e crescita economica sostenibile e inclusiva.

Si tratta di un grande fermento innovativo del settore agroalimentare, con nuove imprese che propongono soluzioni di economia circolare e perseguono uno o più degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) fissati dall’agenda 2030 dell’Onu.

I paesi con la più alta concentrazione di startup agrifood sostenibili sono Norvegia, Israele e Uganda, mentre l’Italia è al dodicesimo posto con 22 aziende e 23 milioni di dollari raccolti. Le agrifood, a livello globale, hanno raccolto 5,6 miliardi di dollari di finanziamenti, pari a un investimento medio di 7,7 milioni (2,5 milioni in più rispetto al 2019).

«L’emergenza» ha spiegato Paola Garrone, responsabile scientifico dell’osservatorio Food Sustainability «non ha arrestato il fermento innovativo del settore, con una crescita di startup agrifood che propongono nuove soluzioni orientate agli obiettivi di sviluppo sostenibile. Si tratta, in particolare, di porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare e promuovere un’agricoltura sostenibile, garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo e incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile e un lavoro dignitoso per tutti».

 

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Ridurre gli sprechi

Le imprese stanno adottando iniziative per recuperare e valorizzare le eccedenze generate con una logica di economia circolare, definendo priorità strategiche e criteri di gestione. Su 109 centri di trasformazione di imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro, l’attenzione del comparto della trasformazione alimentare si concentra sulla prevenzione attraverso la programmazione flessibile della capacità produttiva, a seguire il miglioramento della previsione della domanda, l’adozione di soluzioni di packaging innovativo e tecnologie per migliorare la conservabilità dei prodotti.

«Nel comparto della trasformazione» spiega Marco Melacini, responsabile scientifico dell’Osservatorio food sustainability «c’è un’attenzione crescente alla prevenzione degli sprechi alimentari, ma la misurazione delle eccedenze non è ancora sistematica nelle diverse fasi del ciclo del prodotto e resta un ambito su cui lavorare e investire per introdurre processi più strutturati ed efficaci».

Raffaella Cagliano, responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability sottolinea che «Il traguardo di una transizione sostenibile e inclusiva “from farm to fork” si potrà raggiungere solo lavorando sulla circolarità delle risorse, sull’integrazione delle diverse innovazioni disponibili, sullo sviluppo e aggiornamento delle competenze degli operatori del settore e sulla costruzione di relazioni più solide e dirette fra i diversi attori della filiera agroalimentare».

 

La filiera corta sostenibile

Le “family farms”, piccole realtà a conduzione familiare, rappresentano il 90% del totale delle aziende di produzione agricola, un anello fondamentale della filiera, spesso svantaggiato dalle dimensioni ridotte e lo scarso potere contrattuale.

L’Osservatorio ha identificato tre iniziative in grado di accorciare la distanza fra produttori e consumatori lungo la filiera: la formazione dei produttori, la condivisione dei benefici e dei rischi a monte e a valle della filiera e la determinazione congiunta di un prezzo equo attraverso accordi specifici, che ridurrebbe il divario esistente fra piccoli produttori e grande distribuzione.

Le filiere corte sostenibili si basano sulla prossimità territoriale, ma anche sulla prossimità informativa, andando ad associare ai flussi di prodotti ai vari stati della filiera un set di informazioni di valore per costruire una supply chain trasparente.

 

Il packaging “parlante”

Ha un ruolo sempre più importante nella prevenzione e riduzione delle eccedenze alimentari e la sua progettazione incide in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto alimentare. Stiamo parlando del packaging, che diventa “sostenibile” quando promuove comportamenti virtuosi da parte del consumatore grazie a diverse caratteristiche, tra cui la sua facilità di uso, la risigillabilità, il porzionamento, la standardizzazione o l’efficienza di manipolazione. Un altro tratto distintivo che sta acquisendo importanza è il suo saper essere “parlante”, cioè sfruttare tecnologie innovative per condividere in tempo reale informazioni che consentano di ottimizzare la conservazione e preservare la qualità del cibo, ma anche migliorare la tracciabilità e utilizzare materiali ad alte prestazioni.

 

Gli osservatori digital innovation

Gli osservatori digital innovation della School of Management del Politecnico di Milano sono nati nel 1999 con l’obiettivo di fare cultura in tutti i principali ambiti di Innovazione Digitale, un fattore essenziale per lo sviluppo del Paese. Le attività sono svolte da un team di oltre 100 tra professori, ricercatori e analisti impegnati su più di 40 differenti osservatori che affrontano i temi chiave dell’innovazione digitale nelle imprese.

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