Italy for climate
Come si possono mitigare gli effetti del cambiamento climatico, riducendo le emissioni di anidride carbonica? Si possono mettere in atto misure di resilienza dei sistemi socio-economici per garantire la prosperità delle nostre società e far fronte agli effetti estremi derivanti dal fenomeno di riscaldamento globale in atto? Sono queste le domande cui prova a rispondere l’iniziativa delle Nazioni unite, «Race To Resilience», rivolta a Regioni, Province, Comuni, ma anche a imprese ed enti finanziari. Ne abbiamo parlato con Andrea Barbabella, coordinatore di «Italy For climate» (per altre info, clicca qui).
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In che modo si può lavorare agli interventi di resilienza e sviluppo sui territori?
Il concetto di resilienza implica la capacità delle comunità non solo di adattarsi a un cambiamento, tendenzialmente negativo come quello indotto dal riscaldamento globale, ma anche di reagire, tornando a crescere e prosperare, nonostante l’impatto di questo cambiamento. Per far questo bisogna, ad esempio, dotarsi di strategie in grado di prevedere gli effetti del cambiamento climatico e individuare le possibili soluzioni da mettere in campo, introdurre i cosiddetti sistemi di ealry warning per prevenire con tempestività i disastri climatici, oppure intervenire sulle infrastrutture e sulle tecnologie chiave (come quelle idriche, ad esempio) orientandole alla massimizzazione della resilienza, o ancora innovare processi e filiere (come quelle agroalimentari) riducendo i rischi connessi al riscaldamento globale e così via. Più in generale potremmo dire che è necessario far diventare la resilienza climatica un parametro su cui misurare tutte le nostre azioni.
Chi sono i soggetti coinvolti e a che titolo?
«Race to Resilience» è in realtà una “campagna ombrello”, il cui scopo è fare da collettore e network per tutte quelle iniziative che, nel mondo, lavorano per promuovere la resilienza climatica attraverso il coinvolgimento attivo dei cosiddetti “attori non governativi” e in particolare gli enti locali, le imprese e gli attori del mondo della finanza. In questo modo si crea una massa critica a livello globale rafforzando l’importanza della resilienza climatica e consentendo alle singole iniziative di crescere insieme. Per poter entrare a far parte della campagna, le iniziative devono rispondere ai requisiti delle “4P”: la prima da “Pledge”, ossia impegnarsi attivamente, fissando obiettivi e target sempre più sfidanti per accrescere il numero di persone nel mondo che grazie agli sforzi messi in campo dall’iniziativa diventeranno sempre più resilienti di fronte ai rischi climatici; la seconda da “Plan”, cioè pianificare definire e condividere un piano di azione chiaro e scientificamente fondato; la terza da “Proceed”, che vuol dire agire concretamente, condividendo con tutti i partner buone pratiche e conoscenze, supportando e promuovendo nel mondo la «Race», fornendo supporto a tutti i propri membri nel conseguimento di livelli crescenti di resilienza climatica; l’ultima, infine, da «Publish», ossia fare tutto questo con la massima trasparenza possibile, rendicontando in maniera accessibile a tutti continuamente i propri progressi verso gli obiettivi di resilienza climatica.
Quali sono i punti di forza dell’iniziativa?
Prima di tutto, rispondere agli effetti avversi del clima che cambia, che è sempre più attuale e sotto ai nostri occhi e i cui potenziali positivi, specie per le comunità e le persone più povere e vulnerabili, sono davvero enormi. In secondo luogo, aumentare la resilienza climatica creando una specie di grande community globale, rafforzando quindi l’importanza di questo obiettivo, dandogli grande visibilità, supportando lo scambio di esperienze tra le tante iniziative sparse per il globo. Terzo, coinvolgere gli attori non governativi, riconoscendone il ruolo centrale nelle strategie e nelle politiche sul clima. Non va dimenticato, poi, che si tratta di una iniziativa ufficiale delle Nazioni unite – guidata da Nigel Topping e Gonzalo Muñoz, gli High-Level Climate Champions for Climate Action – che quindi è interna agli stessi processi decisionali nell’ambito della «Convenzione quadro sul cambiamento climatico».
E quali invece le criticità?
Lavorare per aumentare la resilienza climatica dei più vulnerabili richiede capacità conoscenze, risorse non sempre facilmente disponibili in particolare nei contesti più difficili. Mantenere vivo l’entusiasmo e l’impegno in una comunità così grande non è scontato e ha bisogno di dimostrare nei fatti i vantaggi connessi al farne parte; inoltre l’obiettivo di aumentare il numero dei partecipanti non deve far perdere di vista quello di mantenere alta la qualità delle iniziative che aderiscono. Quello degli attori non governativi è un gruppo molto eterogeneo in termini di obiettivi e interessi, modus operandi, linguaggi e competenze e creare sinergie più non essere così scontato.
(Italy for climate)