Cold ironing: la transizione energetica entra in porto

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Si tratta di un piano del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti che si inserisce in un percorso di trasformazione delle attività di bacino verso i cosiddetti “porti verdi”. Ne abbiamo parlato con Mario Mega, presidente dell’autorità di sistema portuale dello stretto di Messina

(Cold ironing: la transizione energetica entra in porto)

Nel settore trasporti marittimi, sono necessarie e urgenti misure verso la sostenibilità che comprendono anche la logistica e le infrastrutture portuali. La logica da percorrere per la transizione energetica deve essere il più possibile integrata e multisettoriale. Diversamente da altri paesi dove le banchine elettrificate sono diffuse, nei nostri porti la loro presenza è limitata e quelle esistenti non alimentano navi da crociera, traghetti o portacontainer, ma forniscono energia elettrica ai terminali di riparazione navale o alle gru destinate alla movimentazione delle merci. Le finalità del del “Piano nazionale cold ironing” spingono per accelerare la riduzione dell’inquinamento ambientale e azzerare quello acustico nei porti italiani.

 

Ne abbiamo parlato con a Mario Mega (nella foto), presidente dell’Autorità di sistema portuale dello stretto di Messina dal 2019, già dirigente tecnico dell’Autorità di sistema portuale del mare adriatico meridionale a Bari.

 

Piano nazionale cold ironing: di cosa si tratta esattamente?

«Si tratta di un piano del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (Mit) che si inserisce in un percorso di trasformazione delle attività portuali verso i cosiddetti “porti verdi” e che prevede interventi in materia di energia rinnovabile ed efficienza energetica nei porti finanziati dal Pnrr (come per esempio l’acquisto di imbarcazioni o veicoli di servizio a emissioni zero; trasformazione dei mezzi a combustibile fossile; installazione di colonnine di ricarica elettrica; efficientamento energetico degli edifici portuali e rinnovamento degli impianti di illuminazione pubblica).

 

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