Climate change: emissioni in calo, ma netzero ancora lontano

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L’incertezza politica in Europa frena gli investimenti per la decarbonizzazione per combattere il climate change. Secondo l’82% dei manager intervistati da Bain & Company, al 2050 l’idrogeno rappresenterà un driver di sviluppo tecnologico

Il climate change è diventato un tema onnipresente nell’agenda dei leader aziendali. Così come lo è diventato anche quello della Carbon neutrality. L’obiettivo è infatti quello di ottenere un risultato finale di zero emissioni di carbonio per un’azienda, un sito, un prodotto, un marchio o un evento. E lo si può ottenere misurando e riducendo le emissioni. Per poi compensare quelle rimanenti con una quantità equivalente di emissioni evitate o compensate (offset emissions).

Quello del netzero è invece un obiettivo più ambizioso. Si applica all’intera organizzazione e alla sua value chain allo scopo di ridurre le emissioni indirette di carbonio dai fornitori a monte fino agli utenti finali.

 

Strategie e incertezze contro il climate change

I manager del settore energia restano prevalentemente ottimisti sugli obiettivi net zero di lungo termine. Ma a causa delle turbolenze di mercato dell’ultimo anno, nel breve termine si prevedono rallentamenti e incertezze nel processo di decarbonizzazione. Infatti, entro il 2030 si stima che le emissioni diminuiranno del 10%, ma la data prevista per il raggiungimento degli obiettivi net zero è fissata al 2057. Quindi ben oltre le aspettative dell’Agenda Comunitaria.

Queste le evidenze che emergono dal terzo Report annuale di Bain & Company sul mondo dell’energia. Intervistati oltre 600 executives di 125 aziende dell’Energy & Natural Resources in 46 differenti Paesi del mondo.

I manager dell’industria stimano che le riduzioni delle emissioni seguano in linea di massima il ritmo attuale fino al 2030. Per poi accelerare fino al 2057. Tuttavia, perché ciò accada realmente, è necessario un aumento degli investimenti in energia green. Si deve quindi passare dai mille miliardi di dollari di oggi a 4.000 miliardi di dollari entro il 2030.

 

Climate change: gli obiettivi sono chiari

«Le ambizioni non sono cambiate rispetto allo scorso anno. – Spiega Roberto Prioreschi, SEMEA Regional Managing Partner di Bain & Company. – Il 67% dei manager continua a essere ottimista sulla propria capacità di guidare il resto delle industrie verso la transizione energetica. Tuttavia, gli esperti del settore hanno anche una maggior consapevolezza rispetto al contesto in cui operano. Sarà infatti imprescindibile che i Governi intervengano maggiormente a sostegno di iniziative di decarbonizzazione. E difficilmente i clienti saranno disposti a pagare di più per prodotti sostenibili».

 

«Abbiamo rilevato una generalizzata e consolidata prospettiva di cambiamento. Ma anche valutazioni molto diverse sulle direzioni da intraprendere. – Prosegue Alessandro Cadei, Responsabile EMEA della Practice Energy & Utilities di Bain & Company. – I manager dell’industria energetica si dichiarano tutti egualmente convinti che la prima priorità sia l’abbattimento delle emissioni Scope 1 e 2. Ma il secondo e terzo posto nella graduatoria cambia da settore a settore. Chiave il tema circolarità per il settore chimico, la tracciabilità della supply chain per il settore agricultural e impatto sulle comunica locali per settore Oil& Gas e Mining».

 

 

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Le aree geografiche

Le politiche governative e gli iter autorizzativi rimangono gli ostacoli principali alla crescita di nuove imprese a basse emissioni di carbonio. Tuttavia, l’indagine di Bain rivela sfumature diverse per area geografica.

Mentre i dirigenti degli operatori nordamericani ed europei risultano più preoccupati per i temi autorizzativi, i dirigenti dell’area Asia-Pacifica considerano la tecnologia come un ostacolo cruciale all’attuazione della transizione. Nello specifico, in Europa quasi il doppio dei dirigenti del settore Oil & Gas (rispetto all’anno scorso) ha attribuito all’incertezza politica la responsabilità del ritardo nelle decisioni di investimento. A conferma del “peso” delle tematiche normative, le aziende nordamericane del settore prevedono di aumentare gli investimenti in nuove aree.

 

Tecnologia e talenti: elementi critici

Le energie rinnovabili, l’intelligenza artificiale, lo stoccaggio. Ecco le priorità tecnologiche cruciali per il settore da qui al 2030. Alcuni manager puntano già oggi sull’idrogeno e sulla cattura dell’anidride carbonica. Mentre i manager della maggior parte delle altre regioni geografiche prevedono che queste tecnologie possano diventare più rilevanti solo dopo il 2030. L’82% si aspetta che, al 2050, l’idrogeno abbia un “impatto significativo” sulla propria attività.

In questo contesto, competenze digitali e informatiche sono molto richieste in tutti i segmenti dell’industria e in tutte le aree geografiche. Circa il 60% dei top manager del settore prevede che le tecnologie digitali e l’IA cambieranno in modo significativo le loro attività entro il 2030. Ma, a oggi, si fa fatica a trovare i talenti che possano gestire e supportare questo cambiamento.

 

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