Per contrastare il cambiamento climatico, le mezze misure non bastano più

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Il tempo stringe e senza una riduzione immediata e profonda delle emissioni in tutti i settori, limitare il riscaldamento globale a 1,5°C è fuori portata. A lanciare l’allarme il rapporto "Mitigation of climate change" del 2022 a cura dell’Ipcc, panel intergovernativo sui cambiamenti climatici

(Per contrastare il cambiamento climatico, le mezze misure non bastano più)

Per invertire la rotta ed evitare situazioni irreversibili, l’emanazione di gas serra entro il 2025, fra soli tre anni, deve cominciare a diminuire per poi dimezzarsi nell’arco del prossimo decennio. Questo è il messaggio d’allarme che lancia il rapporto Mitigation of climate change del 2022 a cura dell’Ipcc – panel intergovernativo sui cambiamenti climatici – presentato a Ginevra lo scorso 4 aprile. Secondo dati riportati dallo studio, dal 2010 al 2019 le emissioni globali medie annue di gas serra hanno raggiunto i livelli più alti della storia dell’umanità, con un tasso di crescita del 12 per cento rispetto al 2010 e del 54 per cento rispetto al 1990. La quantità di anidride carbonica prodotta da combustibili fossili e da attività industriali è diminuita temporaneamente nella prima metà del 2020, in seguito alla pandemia, per poi risalire nuovamente.

«Siamo a un bivio» ha dichiarato il presidente dell’Ipcc Hoesung Lee «e le decisioni che prendiamo ora possono assicurare un futuro vivibile. Abbiamo gli strumenti, le conoscenze e le competenze necessarie per limitare il riscaldamento. Sono incoraggiato dall’azione climatica intrapresa in molti paesi. Ci sono politiche, regolamenti e strumenti di mercato che si stanno dimostrando efficaci. Questi, se estesi e applicati in modo più ampio ed equo, possono favorire una profonda riduzione delle emissioni e stimolare l’innovazione».

 

I settori

Dal 2010, ci sono state riduzioni consistenti – fino all’85 per cento – nei costi di energia solare, eolica e delle batterie. Contemporaneamente, si è assistito a un considerevole aumento della capacità installata. Infine, una gamma crescente di politiche e leggi ha migliorato l’efficienza energetica, ridotto i tassi di deforestazione e accelerato la diffusione delle energie rinnovabili. Gli esperti dell’Icpp sono ottimisti e ritengono che in tutti i settori siano già disponibili soluzioni e tecnologie in grado di dimezzare le emissioni entro il 2030.

A cominciare da quello dell’energia dove sono necessari profondi cambiamenti: una sostanziale riduzione dell’uso complessivo dei combustibili fossili, l’utilizzo di soluzioni per la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs), sistemi energetici a emissioni di carbonio basse o nulle, elettrificazione diffusa, l’uso di combustibili alternativi come l’idrogeno e i biocarburanti sostenibili. Anche i cambiamenti significativi nel settore dei trasporti, nell’industria, nell’edilizia e nell’uso del territorio renderanno più facile per le persone condurre stili di vita a basse emissioni di carbonio e, allo stesso tempo, miglioreranno il benessere delle persone.

Una combinazione di politiche efficaci, migliori infrastrutture e tecnologie che favoriscano un cambiamento comportamentale permetterà una riduzione delle emissioni di gas serra tra il 40 e il 70 per cento entro il 2050.

Anche le città e le aree urbane offrono opportunità significative per la riduzione delle emissioni, grazie a un minor consumo di energia, all’elettrificazione del trasporto e il potenziamento di assorbimento e stoccaggio del carbonio utilizzando la natura. Fondamentale anche il potenziale di mitigazione degli edifici: già oggi ci sono esempi di edifici che non consumano energia o che garantiscono zero emissioni di carbonio in quasi tutti i climi.

Nel settore industriale, la riduzione delle emissioni sarà possibile attraverso un uso più efficiente dei materiali, il riutilizzo e il riciclo dei prodotti e la riduzione al minimo dei rifiuti. Per i prodotti di base – tra cui quelli chimici, l’acciaio e i materiali da costruzione – i processi di produzione a basse o zero emissioni si trovano tra la fase pilota e quella che precede la commercializzazione. Il settore rappresenta circa un quarto delle emissioni globali. Raggiungere lo zero netto – sottolineano gli esperti – sarà impegnativo e richiederà nuovi processi di produzione, elettricità a basse e zero emissioni, idrogeno e, se necessario, la cattura e lo stoccaggio del carbonio.

Buone prospettive anche sul fronte dell’agricoltura, settore che, oltre a fornire riduzioni di emissioni di gas serra su larga scala, può anche rimuovere e immagazzinare CO2.

 

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I pericoli per l’Europa

L’Ipcc identifica quattro categorie di rischi-chiave per l’Europa che diventerebbero sempre più intensi in relazione all’incremento del riscaldamento globale.

Il primo è il rischio delle ondate di calore su popolazioni ed ecosistemi: ci si aspetta che il numero di decessi e persone a rischio di stress da calore possa raddoppiare o triplicare se l’innalzamento della temperatura raggiungerà i 3°C, rispetto a 1,5°C.

Ci sono, poi, le conseguenze sulla produzione agricola, dove, per la combinazione di caldo e siccità, si prevedono nel XXI secolo perdite sostanziali in termini di produzione nella la maggior parte delle aree europee.

Segue il rischio di scarsità di risorse idriche, già elevato nell’Europa meridionale, ma che potrebbe diventare molto alto nel caso di un innalzamento di tre gradi. Temperature così elevate, inoltre, potrebbero favorire fenomeni di siccità anche nell’Europa centro-occidentale.

Alla carenza di acqua, si alternano però anche i rischi legati alla maggiore frequenza e intensità di alluvioni. L’incremento delle precipitazioni e l’innalzamento del livello del mare aumenteranno le inondazioni costiere, fluviali e pluviali in molte regioni del vecchio continente.

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