Bioplastiche a prova di Ue

Bioplastiche
Bioplastiche
Un settore d’eccellenza che deve fare i conti con il nuovo scenario introdotto dalla direttiva europea 2019/904 la quale mira a ridurre l’incidenza della plastica "tradizionale" sull’ambiente

Bioplastiche.

La direttiva europea 2019/904, nota come Sup (Single use plastics), che vieta dal 3 luglio di quest’anno la commercializzazione dei prodotti di plastica monouso – i più inquinanti per le spiagge e i mari d’Europa – era stata approvata dal Parlamento europeo nel maggio del 2019.

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Il testo non fa grandi distinzioni riguardo ai materiali plastici. L’art. 3 afferma che gli unici polimeri esclusi dal divieto sono quelli naturali non modificati chimicamente. Fra i materiali vietati, di conseguenza, rientrano anche le bioplastiche e le plastiche vegetali (siano esse derivate da fonti rinnovabili, totalmente o parzialmente, o da quelle petrolchimiche).

Le bioplastiche non sono, quindi, considerate dalla direttiva un materiale biodegradabile, perché pur essendolo in teoria, se disperse nell’ambiente sono soggette a un processo di decomposizione che in natura richiederebbe diversi decenni. La compatibilità delle plastiche “bio” – derivanti da microrganismi alimentati con zuccheri e lipidi, come nel caso dei sacchetti della spesa e per l’umido, piatti, bicchieri, posate e pellicole per imballaggi – è riconosciuta dalla norma Uni En 13432 che infatti quantifica la biodegradazione in 90 giorni. Un processo che può avvenire però solo negli impianti di compostaggio, con temperature elevate e alte concentrazioni di batteri, e non in natura.

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«La direttiva Sup – spiega Luca Bianconi, presidente neoeletto di Assobioplastiche – affronta il problema del littering adottando una soluzione “debole” che non incide sulle abitudini dei consumatori e rischia di scatenare comportamenti sostitutivi che potrebbero risultare ancor più dannosi, soprattutto se valutati lungo l’intero loro ciclo di vita. Come associazione troviamo conferma del nostro impegno nella responsabilizzazione dei consumatori nell’utilizzo di certi prodotti, quindi nella strategia di riduzione degli impatti ambientali dell’impiego delle plastiche, laddove le plastiche biodegradabili e compostabili forniscono soluzioni a specifici problemi».

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Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche

Per Assobioplastiche la vera questione non riguarda i materiali, ma i comportamenti sbagliati dei cittadini che li abbandonano dove capita. Un fenomeno da combattere non tanto vietando, quanto realizzando alleanze e strumenti per rafforzare i sistemi di raccolta differenziata e avvio a riciclo e recupero dei materiali.  «Alleanze, come quella fra la nostra associazione e Federdistribuzione: abbiamo da poco siglato un accordo per veicolare informazioni ai cittadini sulle diverse tipologie di materiale e sul corretto conferimento in caso di smaltimento: le plastiche biodegradabili e compostabili vanno con l’organico, quelle tradizionali nella raccolta della plastica. A proposito di strumenti, invece, penso al consorzio nazionale Biorepack, nato per volontà dei produttori di plastiche biodegradabili e compostabili certificate che è espressione concreta del principio della “responsabilità estesa del produttore”, in Italia declinata come “responsabilità condivisa”».

L’ATTUAZIONE

Lo scorso 22 settembre il governo italiano ha sottoposto in via preventiva alla Commissione europea il testo dello schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva Sup. Un documento che ha accolto le richieste di associazioni ambientaliste, industriali e consorzi. Nello specifico, Assobioplastiche, ha evidenziato la necessità di esentare dalla restrizione le plastiche biodegradabili e compostabili che rientrano in un’ottica di economia circolare e, contestualmente, di potenziare la filiera del trattamento dei rifiuti organici. Richieste che, nel momento in cui stiamo andando in stampa, sono al vaglio della Commissione Ue.

 

Un mercato a gonfie vele

Uno studio della società Plastic Consult evidenzia un settore di attività che gode di ottima salute. I dati si riferiscono al periodo 2012/2020. Oggi l’industria delle plastiche biodegradabili e compostabili in Italia è rappresentata da 278 aziende. Nel corso degli ultimi anni, il fatturato sviluppato dalla filiera è passato da poco meno di 370 milioni di euro del 2012 a 815 milioni di euro nel 2020, con un incremento del 122 per cento. Dal 2012 gli addetti del settore sono cresciuti, invece, del 94 per cento e la produzione – in tonnellate – di articoli di bioplastica del 182 per cento. I volumi complessivi dei manufatti prodotti dall’industria hanno continuato a crescere nel 2020, con un aumento del 9,6% rispetto all’anno precedente. La maggior parte dei principali settori applicativi ha quindi messo a segno numeri positivi, ma il risultato migliore riguarda articoli monouso compostabili che hanno fatto segnare un +116 per cento. (C.P.)

L’identikit

Assobioplastiche, l’associazione delle bioplastiche e dei materiali biodegradabili e compostabili, ha compiuto 10 anni.  Con i suoi 55 soci sostiene i sistemi di certificazione delle bioplastiche, promuove la divulgazione delle best practice, effettua studi scientifici, ricerche di mercato, analisi di settore, e organizza corsi di informazione e aggiornamento. L’industria delle bioplastiche è presente nel nostro Paese da 30 anni e oggi copre il 66 per cento della produzione europea. Segni particolari di materiali sono la biodegradabilità e la compostabilità, come previsto dalla norma En 13432 del 2002. (C.P.)

 

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